Per prendere decisioni importanti é fondamentale sentirsi bene, nel pieno delle forze e iniziare la giornata con il piede giusto.
Ecco perché chi realizza la cena del G7 ha un’enorme responsabilità.
Uno dei ricordi a cui sono molto affezionata risale al 2009 quando Gualtiero Marchesi, con cui ho collaborato per ben 8 anni nella sua accademia di cucina, collaborazione che diventò una salda amicizia, mi chiese di lavorare insieme allo studio e realizzazione di un’importante cena del G8 che si teneva a Roma quell’anno.
I grandi del mondo si trovavano e noi avevamo il compito di renderli felici e uniti nel momento conviviale per eccellenza, la cena.
Sicuramente il Made in Italy doveva essere uno dei capisaldi di questa cena a cui si aggiungevano semplicità, altissima qualità e apertura mentale.
Mi colpì moltissimo quanto Gualtiero Marchesi ci tenesse a servire una cena che fosse italiana ma anche salutare e proprio per questo mi chiese la collaborazione attiva nella progettazione e scrittura dei commenti presenti su ogni portata di quella cena.
Era davvero avanti come pensiero perché nel 2009 la tendenza dell’healthy food era qualcosa di lontano dal mondo dell’alta cucina.
Ma non era finita qui, altro elemento peculiare era la modalità in cui venivano serviti i piatti. Non c’erano camerieri ma erano i cuochi ad uscire in sala dalla cucina e servire i piatti e a tavola non c’erano posate: i piatti erano pensati per non mettere a disagio chi non fosse abituato ad usare le posate che si usano in Italia.
Il menu della cena del G8:
La caprese:
i pomodori erano disposti sul tavolo ricoperto da una grande tovaglia bianca che simboleggiava il piatto; ognuno prendeva con le mani questi pomodori e li accompagnava con mozzarelline piccolissime di bufala da prendere con le mani da una ciotola in mezzo al tavolo.
Di questo piatto ho impresso un aneddoto: arrivarono queste mozzarelle intorno alle 12:00 dalla Campania e lui le mando tutte indietro perché le reputava non abbastanza buone. Gli organizzatori dovettero fare l’impossibile per far arrivare una fornitura di migliore qualità.
Disegno di un risotto:
un piatto che doveva diventare un quadro!
Il risotto venne servito steso molto basso su dei piatti quadrati e bianchi. Il risotto simboleggiava un foglio di carta bianco su cui i commensali dovevano disegnare tutti insieme e comporre un quadro.
I colori erano salse colorate: il verde era un pesto, il rosso un sugo di pomodoro, il nero una salsa al nero di seppia, ecc
Tutti i commensali del tavolo dovevano creare insieme un disegno, con un divertente gioco di squadra che avrebbe fatto interagire anche persone che parlano lingue diverse.
La scarpetta:
un piatto di una ricotta di altissima qualità da mangiare con una grande pagnotta servita a centro tavolo e da dividere tra commensali, ovviamente facendo la scarpetta.
Le lezioni della cena del G8
Questa esperienza mi ha insegnato tantissimo:
Lezione 1: la vera alta cucina è semplicità, quando c’è una materia prima di altissima qualità meno la tocchi, più sei bravo.
Lezione 2: l’alta cucina non deve essere incasellata in tante posate, bicchieri e “infrastrutture” ma deve essere semplice anche nel servizio al tavolo. Per la cena del G8 non c’erano camerieri perché erano gli chef stessi a portare i piatti a tavola.
Lezione 3: la salute prima di tutto. Gualtiero Marchesi era proprio convinto che la cucina dovesse far bene alla salute e agli aspetti nutrizionali. I grandi chef devono pensare di incontrare la nutrizione, non soltanto incontrare la materia prima di qualità
Lezione 4: l’apertura mentale. Ricordo che tutti i cuochi che volevano partecipare a questa cena erano ammessi nella squadra degli chef condotta da Gualtiero Marchesi.
La grandezza di Gualtiero Marchesi è stata anche in questa occasione la sua umlità: in un evento così importante non ha voluto fare i suoi piatti storici, come il suo “riso oro e zafferano” ma ha voluto mettere al centro i commensali persando ad un menù che li facesse stare bene.